PopUp - VanityFair.it

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4 mesi fa | di Roberto Ruggeri | Ciao Luca, hai scritto un bellissimo blog.... quante cose vere hai detto. Buona giornata Ps anche se a volte non mi scappa il fatidico like che è diventato quasi d'obbligo, ti seguo sempre con molto interesse.... e se leggo... 4 mesi fa | di Aldamar | Non solo ci ricorderemo di te, ma ci rivedremo (da qualche parte, nel mondo virtuale o in quello reale).Non pensare di liberarti così facilmente di nok :) 4 mesi fa | di Birdman (P.Pap) | Torni?Torni??Ah ah ah!Mi sembra di averle già sentite queste parole.Che l' ultima volta che le ho pronunciate io, qui, mi hai detto “No, grazie Paolino, è meglio che non torni.”Ma tornato (tornato!) lo sono.Me lo concederai, vero?Il momento è topico.Cavoli,... 4 mesi fa | di Anna B. | Caro Luca mi dispiace che il blog chiuda. È vero è un bel po' che non scrivo ma non ho mai smesso di leggere. Mi sono impigrita, devo dirlo, e l'avaii notato. È stato un piacere leggerti e sopratutto conoscerti.... 4 mesi fa | di DorianGray | PopUp è stato più di un blog. PopUp è stato un esperimento riuscito di confronto virtuale. Che si parlasse di Sanremo o degli attentati terroristici i post hanno sempre rispecchiato un'onestà intellettuale difficilmente convertibile nei 160 caratteri di Twitter e... Ricordo ancora che quando scrissi il mio primo blog – o post, non l’ho mai capito – ero a Roma, in una stanzetta sul Tevere in affitto a casa di un pittore.S’intitolava “Solo un limone nel frigo”, che doveva essere anche il nome del blog, ma poi me lo bocciarono e divenne “Pop up”.Non sapevo, all’epoca, che sarebbe stato un viaggio così lungo: era il gennaio del 2011. È stato davvero bellissimo, a tratti esilarante.È stato prima che gli smartphone ci prendessero la mano e riducessero la nostra capacità d’interazione a like e cuori. Oggi, ormai, non si commenta più niente. Al massimo ci si espone sugli argomenti caldi – il referendum, Sanremo, la violenza – mentre il resto è un lungo elenco di status che gira intorno al proprio ombelico: oggi ho bruciato la frittata, sto partendo per Madrid, la mia mamma compie gli anni, che caldo che fa: “comunicazione fàtica”, direbbero i semiologi, cioè solo per mantenere il contatto con gli altri.Come quando chiedete al telefono “che tempo fa?” e voi siete a 300 chilometri di distanza. Il tempo è una scusa per parlare.E questo blog, per me, è stata una splendida occasione per raccontarmi, per sfogarmi, per divertirmi, per espormi. E sono contento di scrivere queste ultime righe da una città a me cara, Taranto, bella e dimenticata, piena di luce, e lasciata andare a se stessa. Vorrei che tutti vedeste le potenzialità del centro storico di questo luogo solo per farvi sognare immaginando cosa potrebbe diventare.Di questa esperienza di scrittura ho ricordi bellissimi: post con più di 300 commenti, discussioni, amicizie, risate. C’è stato un periodo, qualche tempo fa, in cui questo Pop Up era un luogo di ritrovo.Poi, come spesso succede per le compagnie, ci capiti ogni tanto, lo leggi ma non commenti, perché ormai commentare è troppo difficile.Non abbiamo più nemmeno la pazienza di inserire un indirizzo e-mail che ci stufiamo. Ma nei momenti importanti ci ritroviamo tutti (guarda caso per le morti, come nella vita). Ricordo quando scrissi in lacrime il post per Amy Winehouse, una sera d’estate, o quando fui inviato a Londra per raccontare il matrimonio di Will e Kate. Oppure la volta che dalla Cina, a Shanghai, scoprii che mi era vietato rispondere ai commenti.Non potrò dimenticare l’unico post che ho dovuto cancellare per le minacce subite, quello sui tassisti romani. Ho capito che ci sono argomenti tabù, che è meglio evitare: critiche ai cantanti, ad esempio – tutti – perché le ire dei fan sono tremende; critiche alle città, anche sensate, perché ti arrivano gli insulti peggiori (agli italiani puoi dire tutto ma non toccargli la mamma, la squadra di calcio o il campanile: sarebbero capaci di tutto); parlare di argomenti che toccano la pancia del Paese. Per fortuna ho avuto dalla mia l’ironia, che è sempre una bella via d’uscita, ma mi rendo conto che si sta perdendo sempre più il gusto del dibattito delle idee, del confronto libero da pregiudizi, perché per me puoi ancora scrivere “spazzino” o “bidella” senza essere offensivo. Invece no: è sempre caccia all’errore, alla sottolineatura dell’errore, al patibolo mediatico.Per questo amo scrivere romanzi: lì sono finalmente libero, e sono felice, consapevole di tutti i rischi che questo comporta.Per cui ringrazio tutti perché, grazie a questo blog, ho conosciuto amici e lettori bellissimi. Tornerò presto con un nuovo spazio, sempre qui. Al momento mi prendo una piccola pausa di riflessione. Sappiate che dal 1 di aprile questo blog sparirà, ma resteranno tracce sul web. «Ogni tanto, se avrete nostalgia di me, cercate Pop Up e ricordatevi del caro, vecchio Liuc. Tanto torno. » 4 mesi fa | di anna wood | sigh. sigh .. hai ragione, oramai i social sono diventati un campo di battaglia virtuale , se solo ti azzardi a criticare qualcosa di nazional popolare , zacchete! scattano le ritorsioni a colpi di tweet post click!ciau... Non credo ci sia giornata migliore, del 21 marzo, per festeggiare la poesia.Una delle forme letterarie più complesse e misteriose, difficile per chi la compone, per chi la legge, per chi la studia, per chi la spiega.La poesia è un grande mistero, è come un salto di Simon Biles alle Olimpiadi: dal disastro al capolavoro è un attimo. I versi però sono pietre che si trasformano in rose, per chi ha occhi per guardarle.Purtroppo chiedono tempo, pazienza e amore, e ormai abbiamo poco di tutto. Il tempo che la tecnologia ci ha fatto risparmiare lo spendiamo in tecnologia, a tal punto che sono pochissimi i momenti che dedichiamo a noi stessi.La poesia ci insegna a rallentare, a fermarci, a riflettere, a spiegarci il mondo: la morte, le guerre, l’amore, la solitudine, la disperazione. “Non recidere forbice quel volto, solo nella memoria che si sfolla. Non far del grande suo viso in ascolto la mia nebbia di sempre”; “Che fai tu luna in ciel, dimmi che fai, silenziosa luna?”; “Uomo libero, amerai sempre il mare”.La poesia ci insegna anche a guardare le piccole cose e a voler bene alle persone. Se ci pensate, ognuno di noi ha una storia, un sogno nascosto, un amore lontano e un sorriso da mostrare. Anche le persone più dure, prima o poi, potranno sorridere. E non c’è nulla di più poetico ed elegante di una persona che sorride. Ieri ho aiutato una giovane mamma a scendere dal treno: era piena di roba e io, senza che lei me lo chiedesse, ho iniziato a raccogliere le sue cose chiedendole “dove le metto?” come se fossi suo cugino. La bambina che aveva con sé ha iniziato a ridere e ci siamo guardati tutti e tre come dei cretini che non sanno perché.Ecco, vorrei che la vita fosse sempre un po’ così: sorprendente e sorridente. Come il grande George Clooney, che a sorpresa è andato in un ospizio a portare un mazzo di fiori a una sua fan di 87 anni.Ma dipende solo da noi. Tutto ciò che dai, in qualche modo tornerà.«C’è poesia in ogni cosa bella che non ti aspetti. Basta saperla vedere. »P.S. Prossime tappe del book tour di Nessuno come noi : domani, mercoledì 22 marzo a EMPOLI, ore 21.15 libreria Rinascita, via Ridolfi 53; giovedì 23 marzo a FROSINONE, ore 18 libreria Ubik via A. Moro 150; venerdì 24 marzo a VELLETRI (Rm) ore 20 libreria Mondadori via Pia 9; sabato 25 marzo a CIVITA DI CASTELLANA, Ore 17.30 Forte Sangallo. Dai. 4 mesi fa | di Frampi84 | Si Mari a Desio ... e credo di esser stato nella pizzeria in cui c'hai portato te, mi sembrava familiare. Si ho fatto una notte di novembre a Desio ... dormendo vicino al sottopassaggio della ferrovia. 5 mesi fa | di Mariella | Adoro cenare e pranzare da sola. Quando succede lo trovo estremamente divertente. Osservo tutti e tutto e non mi sfugge nulla: la coppia clandestina, il gruppo di amici che non si vedono da un po' di tempo, padri e figlie,... 5 mesi fa | di Frampi84 | Nella lista delle cose da fare da solo,l'unica che mi "spaventa" è l'andare in vacanza e non dico il non conoscere nessuno di un gruppo, ma proprio in solitudine. In tanto anni che vivo fuori casa molte volte ho cenato... 5 mesi fa | di DorianGray | Mi è capitato ti cenare da solo in trasferte di lavoro. A volte c'è chi mi osserva con un misto di compassione e malinconia ma, sempre più spesso, colgo sguardi di invidia da parte di chi farebbe volentieri a meno... In questo periodo della mia vita sono talmente frastornato che a volte sento la necessità di staccare da tutti, isolarmi, stare in silenzio e godermi un po’ di solitudine.Mi rendo conto che la solitudine è il male oscuro del periodo in cui stiamo vivendo, in cui siamo tutti apparentemente connessi e invece ci ritroviamo alla sera a guardare gli altri attraverso lo schermo di un telefono.E anche gli altri fanno lo stesso con noi.E’ un eterno rincorrersi di solitudini a cui possiamo mettere freno solo noi stessi.Il mio primo consiglio è di imparare a stare da soli.Molti non ne sono capaci, soprattutto in situazioni che, nel nostro immaginario, sono sinonimo di convivialità: la cena, ad esempio.Una mia amica non ha mai cenato da sola in vita sua: se è sola, si mangia un panino al bar. Dice che a pranzo ce la fa ma a cena no.Invece io credo che cenare da soli sia un’esperienza da fare almeno una volta nella vita per varie ragioni, anche futili. Eccone alcune.1) La scelta dell’acqua. E’ uno dei momenti più imbarazzanti, in cui nessuno sa mai cosa dire: liscia o gassata? Fai tu, no fai tu, per me è lo stesso, e alla fine si è costretti a prenderne due, che nessuno quasi mai tocca, o fare la solita scelta di compromesso: leggermente frizzante.2) L attenzione. Se siete soli, il cameriere vi raggiunge prima e non fa mai finta di non sentire quando lo chiamate.3) Il bonus. Il bicchiere di vino che vi versa il cameriere è sempre un po’ più pieno. E’ il suo modo inconscio di consolarvi.4) La libertà. Finalmente siete liberi di ordinare la zuppa del giorno – di legumi, di verdure – che se siete in compagnia scatena su di voi lo sguardo di modella a dieta.5) Il telescopio. Potete osservare gli altri. Cenare da soli vi farà capire molto degli umani molto meglio che se state a spiarli su Facebook. Dinamiche di coppia, colleghi, amanti, business man annoiati che mangiano come se fossero in ufficio.6) Il conto. Non vi ponete il problema di chi fa il gesto di pagare, perché sapete già che tocca a voi.7) L empatia. La gente vi sorriderà. La solitudine al ristorante scatena un’immediata empatia per cui vi sembrerà di vivere in un mondo migliore e, di conseguenza, vi sentirete meno soli.«In alcune occasioni, voi siete i migliori ospiti di voi stessi. »P.S Prossime tappe del tour calabrese di Nessuno come noi : domenica a CATANZARO, ore 18 al Circolo Cittadino di via XX Settembre; lunedì a COSENZA ore 17.30 sala consiliare Assindustria; martedì 14 a SOVERATO, ore 18 Mondadori Store, via Amirante 14. Vi aspetto! 5 mesi fa | di Rosita | Ho appena svolto una tesi di laurea sull'errore come opportunità di crescita e devo dire che l'ho trovato affascinante quell'errore, in quanto fa comprendere quanto sia radicata l'idea di quanto sia importante vincere nella società ed la competizione. A causa... 5 mesi fa | di Frampi84 | Mai stato neanche lontanamente vicino a vincere qualcosa quindi mai provata la sensazione di doccia fredda ... Mi pento di non aver assistito al momento in diretta, che vedrò stasera, ma dopo 2 ore di red carpet il mio cervello... Errare è umano, ma non alla notte degli Oscar. Non quando devi leggere il nome del vincitore come miglior film. E così parte il gomblotto , perché Warren Beatty e Faye Dunaway aprono la busta e annunciano che “the oscar goes to… La La Land.”È la coronazione del sogno americano, il film che apre gli occhi della fantasia e fa venire voglia di ballare. Quindi tutti sul palco, tutti felici, abbracci, il produttore Jordan Horowitz inizia a ringraziare il teatro come di rito… ma qualcosa di strano appare nell’aria. L’uomo viene interrotto e si sente solo una parola: Mistake. Mistake. Errore. Errore.I vincitori non siete voi cari, ballerini. Tornate giù ad allenarvi.E salgano sul palco gli attori di un film di denuncia tutto americano, “Moonlight”, il film black di Berry Jenkins, che nel delirio generale dedica il premio alle ragazze e ai ragazzi di colore. E’ una dedica importante, in un momento delicato come quello che stanno passando gli Stati Uniti. E LaLaLasfiga è doppia: sia per i protagonisti di Lalaland, che hanno avuto una delle docce più ghiacciate che la Storia ricordi. E sia anche per i protagonisti di Moonlight , che verranno visti un po’ come i cattivi che hanno rovinato la fiaba di Ryan Goslig ed Emma Stone, l’unica a uscirne consolata per aver preso la statuetta. Soprattutto, verrà dato molto meno risalto al messaggio “razziale” perché si parlerà, e anche io ne faccio parte, solo della gaffe.Sembra un film, ma sono sicuro che non c’è nessuna macchinazione dietro. Si è trattato di un errore.Purtroppo, però, ci sono errori che non si possono commettere. Perché l’illusione di una vittoria è una delle punizioni più crudeli che un individuo possa subire.Mi è tornata in mente la povera Miele, promossa a Sanremo l’anno scorso per pochi istanti, prima che le dicessero che si erano sbagliati e a passare il turno era Gabbani con il suo bel karma. Penso a quello che capita in certi sport, dove un ralenti o una giuria corrotta possono cambiare un destino. «Cari ragazzi di Lalaland che siete saliti solo per un attimo sul quel palco da trionfatori. Noi vi abbracciamo, ma voi provate a ballarci su. 5 mesi fa | di Frampi84 | Adoro queste polemiche asciutte e inutili che portano chiunque a sentire il bisogno di esprimersi, che tu viva a Tarquinia, Fossombrone o Borgosesia. Tutti devono metter bocca ma nel momento in cui approdano a Milano da turisti (perché chi capita... 5 mesi fa | di Bert | Avrei preferito degli ulivi o delle piante di giuggiole, le palme non mi fanno impazzire: troppo altezzose con quei capelli punk!Poi leggo che è stata incendiata una pianta per protesta: quella specie di paglia intorno al fusto è facilmente incendiabile... 5 mesi fa | di Luciana Vallone | Sì, condivido. Ma come la veemenza delle proteste appare "fuori obiettivo", così l'intervento in piazza Duomo in una città come Milano risulta filologicamente inappropriato e futile. 5 mesi fa | di Roberta Ronchettirobertaronchetti2@gmail.comRoberta | Provo simpatia per le palme di Piazza Duomo,per quelle di Piazza di Spagna,per quelle in Florida che amo abbracciare e per le persone creative

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