Morte del drago
«La storia di una vita comincia da un punto qualsiasi, da qualche particolare che per caso ci capita di ricordare», C. G. Jung. Tornare indietro, riesaminare la “storia di una vita”, cercare di ristabilire l’equilibrio dopo una lunga crisi: è questo il cuore della raccolta di Andrea Moser, Morte del drago, una storia, edita da Puntoacapo nella collana Altre Scritture, con un’attenta prefazione di Mauro Ferrari e, in esergo, le parole di Jung. E fin da subito sogno, inconscio e memoria si intrecciano in un viaggio a ritroso nel tempo, metaforico e biografico. Alla radice del viaggio, due grandi eventi personali che toccano Moser in pochi anni, in una seconda parte della vita che lo spinge a una maggiore introspezione: la morte del padre e un infortunio importante che, come chiarisce la nota in fondo al libro «mi hanno costretto a interrogarmi, e a ripensare completamente il senso della mia storia e, forse, anche a confrontarmi con le misteriose, e spesso brutali, ragioni che stanno alla base del fenomeno della vita». Ricordi che lo riportano all’infanzia e a tutte quelle volte che, per usare la sua metafora, il drago lo ha stretto tra i suoi artigli. Il sottotitolo, una storia, segna l’andamento narrativo di questa raccolta, ma anche il suo duplice aspetto: da un lato la storia dell’autore, la sua necessità di andare a fondo nella vita passata; dall’altro, una storia universale, quella di qualsiasi essere umano davanti agli abissi della propria esistenza. In ogni poesia la narrazione si riflette in una scrittura fluida, in cui suono e ritmo si accordano al senso, con una grande cura per l’aspetto lessicale nel suo insieme e una metrica libera, dove si incontrano anche misure classiche come endecasillabi e settenari.