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Con grande tristezza apprendiamo la notiza che Mario Schiavato ci ha lasciati. L’autore che ci ha fatto sognare da bambini con i suoi romanzi brevi, le posesie e i racconti, e da adulti ci ha fatto assaporare l’amore per la ntaura ma anche l’amarezza dell’oblio, rimarrà sempre presente in noi.

Mario Schiavato ha occupato un posto importante nella letteratura istriana e fiumana essendo stato uno degli autori più rappresentativi del gruppo nazionale italiano istro-quarnerino.

Nato a Quinto di Treviso nel 1931, primo di otto figli di una famiglia di contadini coloni, in seguito agli eventi bellici si trasferì a Dignano nel 1943. Crebbe nel borgo istriano conducendo una vita di sacrifici che gli forgiò il carattere. Giunto a Fiume, lavorò come tipografo presso la casa della stampa e coltivò i suoi interessi letterari e la grande passione per l’alpinismo e in generale per la natura. Ricca e varia la collaborazione con le testate EDIT. Ricorderemo le sue opere letterarie, contraddistinte da numerosi premi al Concorso d’arte “Istria Nobilissima”: “I ragazzi del porto”(1954), “Quelli della piazzetta” (1968 e 2013), “Mini e Maxi” (1976 e 2012), “Racconti istriani” (1994), “Zaino in spalla” (1996), “La voracità del tempo” (2000), “Indefiniti smarrimenti” (2000), “Terra rossa e masiere” (2001), “Un girotondo di lecca lecca” (2002), “All’ombra della torre” (2003), “L’eredità della memorei” (2005), “5 autori x 16 storie” (2012).

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Festival europeo del racconto breve

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Il bisogno umano di raccontare storie sarà al centro della diciottesima edizione del Festival europeo del racconto breve, dal tema Homo narrans.

Abbiamo tutti la stessa possibilità di raccontarci e di trasmettere agli altri la nostra storia? Siamo tutti individui disposti ad ascoltare le storie del prossimo? Da “essere narrante” l’uomo naviga costantemente in un mare di racconti ed è essenziale poter comprendere questo profondo bisogno umano di tessere la tela del racconto per farsi comprendere meglio. Il futuro dell’Europa, ma anche del resto del mondo, è nelle mani di coloro che capiscono e che sanno creare delle storie.

A livello programmatico il festival aspira a portare in Croazia i nomi più importanti della letteratura europea contemporanea, nonché realizzare una manifestazione che possa attirare un grande numero di persone e rappresentare un punto di incontro importante per i media e per tutti coloro che lavorano nel campo della promozione dell’attività letteraria.

Nelle 17 edizioni precedenti sono stati ben 300 gli ospiti da ben 30 paesi ad aver partecipato al festival, tra cui pure i vincitori di alcuni dei premi letterari più prestigiosi come ad esempio il Pulitzer, il Man Booker, l’Independent, il premio Strega, il Dublin IMPAC, il Frank O’Connor o il premio americano National Book Award.

Tra gli ospiti d’onore ci sono stati paesi come l’Irlanda, i Paesi Bassi, la Scozia, il Brasile, la Catalogna, mentre sui palchi si sono potute sentire lingue e dialetti da ogni parte del mondo.

L’edizione di quest’anno si svolge in seno al progetto Fiume CEC2020 e gli ospiti sono László Krasznahorkai (Ungheria), Rosa Liksom (Finlandia), Elvis Malaj (Albania/Italia), Melania Mazzucco (Italia), Colum McCann (Irlanda), Semezdin Mehmedinović (Bosnia ed Erzegovina/USA), Josip Novakovich (Croazia/Canada), Andrés Neuman (Argentina/Spagna), Antonio Ortuňo (Messico), Goran Samardžić (Bosnia ed Erzegovina), Adania Shibli (Palestina), Alan Titley (Irlanda), Melatu Uche Okorie (Nigeria/Irlanda) ed Eley Williams (UK).

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Bibliobus fiumano, Cinquant’anni di onorato servizio

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La prima corriera adibita a biblioteca itinerante era stata acquistata dalla Casa editrice EDIT


Correva l’anno 1969 quando nella mattinata del 9 giugno, davanti a Palazzo Modello, venne presentata la prima corriera mobile a uso di biblioteca, precisamente della Biblioteca civica di Fiume. Una foto, l’unica, ritrae gli orgogliosi bibliotecari dinanzi al veicolo prima del viaggio inaugurale. In cinquant’anni d’ininterrotto servizio per le vie cittadine, i rioni, i paesi e gli abitati del circondario e di tutta la regione, con il caldo e il freddo, la bora e la neve, questo tipo di prestazione non ha mai abbandonato i lettori, anche quelli più distanti e difficilmente raggiungibili. Negli anni a venire, grazie ai vari supporti finanziari cittadini e regionali, numerose biblioteche hanno avuto modo di acquistare una corriera-biblioteca, ma quella fiumana rimane la prima in assoluto e il primo veicolo del genere nell’ex Jugoslavia, tanto che la Società nazionale dei bibliotecari ha scelto proprio il 9 giugno quale data per celebrare la Giornata nazionale dei bibliobus.

La corriera acquistata dall’Edit

La prima corriera adibita al trasporto e all’esposizione di libri, come leggiamo negli annali della Biblioteca civica, era stata acquistata dalla Casa editrice Edit. Fino al suo acquisto definitivo da parte della Biblioteca civica, la corriera – si trattava di una OM (“Officine meccaniche”, fabbrica lombarda, entrata poi nel gruppo FIAT come parte integrante della Fiat Veicoli Industriali) – fungeva da cartolibreria mobile con la quale l’Edit percorreva le strade dell’Istria, sostando nelle varie località della penisola per offrire sul posto i propri servizi. Dopo l’acquisto il veicolo venne rinnovato per una capienza di circa 3mila volumi e 200 albi illustrati. A quel tempo la corriera, anche se con serie difficoltà di manovrabilità e strade strette, faceva tappa in 53 luoghi differenti.

Un’ampia rete

“Sì, è vero – ci spiega il direttore della Biblioteca civica, Niko Cvjetković –, il primo bibliobus fu acquistato proprio dalla Casa editrice Edit ed era la scelta ideale in quanto aveva già installati gli scaffali. La capienza totale era di 2.500 libri più altri 500 nel bagagliaio e 200 albi illustrati in scatoloni. All’epoca faceva un viaggio di più giorni e sostava nella maggior parte delle località della Regione prive di una biblioteca pubblica”. Passano gli anni e i bibliobus diventano due. “Nel 2004, grazie ai finanziamenti regionali, la Biblioteca civica acquistò un altro pullman per raggiungere anche quelle località nelle quali una biblioteca vera e propria non era mai esistita. Il ‘vecchio’ per così dire, inizia un nuovo percorso a orario fisso, quello strettamente legato ai rioni cittadini e periferici, dove non esistono le filiali della biblioteca.
La biblioteca mobile regionale invece oltrepassa i confini locali e viaggia per tutto il Gorski kotar, le isole e lungo la costa. Per gli abitanti delle piccole località l’arrivo della corriera è una vera e propria festa, in quanto ogni quindici giorni possono scegliere tra migliaia di nuove letture. Noi della biblioteca centrale stiamo molto attenti a rifornire i bibliobus con nuovi titoli al passo con i tempi”.

La felicità dei bambini non ha prezzo

Nel dicembre del 2015, grazie anche all’interessamento dei cittadini, viene promossa un’azione di raccolta finanziaria che permette alla Biblioteca civica di acquistare un nuovo bibliobus itinerante. “Si tratta, in questo caso di un furgone, più adatto alla configurazione della città. Oltre a soddisfare le esigenze dei lettori dei vari quartieri cittadini, l’offerta dei servizi è stata estesa alle Case dell’anziano e a diversi asili. La felicità dei bambini quando arriva la corriera mobile è indescrivibile quando, tenendo stretto l’albo illustrato appena preso, scendono dalla scaletta aiutati dall’autista-bibliotecario. Il progetto in questione, oltre a porgere agli anziani un servizio ‘porta a porta’ allarga e promuove anche la cultura del leggere tra le giovani generazioni”. Al momento il direttore Niko Cvjetković è alle prese con un problema che richiede un’immediata soluzione. “Parliamo del bibliobus regionale, già anzianotto, che ha percorso un’infinità di chilometri. Anche se ancora in buono stato, il bibliobus dovrebbe venire sottoposto a un check up completo. Speriamo che in un prossimo futuro la Regione, come pure le varie Città e Comuni che vengono raggiunti dal bibliobus, si uniscano per acquistare un nuovo ‘mezzo di cultura’”.

Sedici biblioteche itineranti in città

L’importante anniversario, non solo del bibliobus fiumano, ma di tutti quelli che continuano a portare la “buona lettura” nelle località più distanti, verrà celebrato venerdì e sabato con il Festival dei bibliobus proprio nel capoluogo quarnerino. Nelle piazze della 128.esima e dell’111.esima brigata tutti gli interessati potranno far visita a ben 16 biblioteche itineranti provenienti da Croazia, Italia, Slovenia, Bosnia ed Erzegovina e Serbia. Si tratta dell’ottava edizione del Festival, che ospiterà inoltre la 14ª tavola rotonda sui bibliobus nazionali e il convegno intitolato “Bibliobus, davvero?” (Bibliobus, šta da?).

di Viviana Car

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Presentata l’edizione ampliata del volume di Rina Brumini

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"La comunità ebraica di Fiume" è un testo che illustra in quali tempi e secondo quali modalità si è costituita la comunità ebraica a Fiume, una tra le miriadi di comunità, etnie e gruppi sociali che costituivano – e costituiscono – il tessuto demografico del capoluogo quarnerino. Il tutto con la finalità di rivisitare le tappe dalle prime presenze degli ebrei, documentate dai registri municipali, attraverso la costituzione della prima Casa di preghiera, del Cimitero, della Sinagoga, delle associazioni comunitarie, del travaglio della Seconda guerra mondiale e, infine, della situazione in cui si venne a trovare immediatamente dopo. Sono questi i temi che la ricercatrice e professoressa della Scuola Media Superiore Italiana di Fiume, Rina Brumini, illustra con passione e competenza nel volume bilingue, italiano-croato, “La comunità ebraica di Fiume – Židovska zajednica u Rijeci”.
Il saggio, fresco di stampa, è stato presentato alla Sinagoga di Fiume, nel corso di un appuntamento organizzato dal Comitato di Fiume della Società “Dante Alighieri”. A introdurre volume al pubblico sono state la presidente della Società, Ingrid Sever e Irene Mestrovich, presidente uscente del Consiglio della Minoranza nazionale italiana della Città di Fiume, che in collaborazione con l’omologo organismo della Regione litoranea montana ha finanziato la pubblicazione del volume.

Edizione ampliata

Il volume etno-storico ben documentato – edito per i tipi della “Libertin Naklada” –, si presenta come un’edizione rivista e ampliata di quella originale, pubblicata nel 2015 dall’Università Popolare di Trieste, sempre con il titolo di “La comunità ebraica di Fiume”, a sua volta frutto della tesi con cui la ricercatrice Rina Brumini si è laureata all’Università di Bologna. In seguito l’opera è stata premiata anche al Concorso d’arte e di cultura “Istria Nobilissima”, e con gli anni in continuo ampliamento, in quanto, come rilevato dalla stessa autrice, la ricerca continua.

I primi documenti nel XV secolo

Il numeroso pubblico ha seguito con attenzione la presentazione della relatrice, che ha ripercorso i momenti salienti dalla presenza ebraica a Fiume, i cui primi documenti attestati risalgono addirittura al 1441. All’inizio arrivarono a Fiume delle famiglie sefardite, provenienti dalla Dalmazia (Spalato e Ragusa), mentre più tardi si assestò una comunità ortodossa, ashkenazita, con caratteristiche non riscontrabili altrove. Rina Brumini ha parlato anche dei rioni della città, come la Zuecca, del primo insediamento nel ‘700, fino alla prima comunità del 1781, per giungere poi attraverso il Corpus separatum, all’amministrazione italiana, alla Prima guerra mondiale, alla promulgazione delle leggi antisemite fasciste, all’annientamento nazista della componente ebraica, fino al ristabilimento della Comunità nel 1947.
La serata di presentazione è stata arricchita anche da una cornice musicale, grazie al Quartetto d’archi composto da Dalia Cossetto e Lovro Bratonja al violino, Isabella Valenčić alla viola e Alida Cossetto al violoncello, con l’esecuzione di un brano tratto dalla colonna sonora del film “La lista di Schindler”.

di Gianfranco Miksa

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Diego Zandel si presenta

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Il prossimo 13 giugno, alle ore 19, presso la libreria antiquaria „Ex libris“ di Fiume, Giacomo Scotti, storico e scrittore, Damir Grubiša, già ambasciatore della Repubblica di Croazia a Roma, Melita Sciucca, presidente della Comunità italiana di Fiume ed Ervin Dubrović, direttore del museo civico, parleranno della figura di Diego Zandel, scrittore di origine istro-fiumana e della sua opera letteraria.

Diego Zandel (Fermo, 1948) è uno scrittore italiano di origine fiumana. Nasce nell'ospedale di Fermo, nelle Marche, dal momento che la sua famiglia è ospite nel vicino campo profughi di Servigliano, che raccoglie gli esuli italiani dell'Istria, Fiume e Dalmazia. Questa origine avrà poi molta rilevanza nei suoi libri, compresi quelli di genere thriller. Ma anche la Grecia, in particolare l'isola di Kos, della quale era originaria la famiglia di sua moglie Anna, scomparsa nel 2012, entrerà nella sua narrativa per il suo portato storico e geopolitico, anch'esso di frontiera, per il suo essere appartenuta nei secoli, come tutte le isole del Dodecaneso, a diversi Stati. Tutta la produzione narrativa di Zandel appare, comunque, spesso collegata a esperienze autobiografiche, o a echi e risvolti di tali esperienze, in forma diretta o più lontana, con agganci anche a particolari momenti storici, come gli anni di piombo (il romanzo "Massacro per un presidente"), la guerra nella ex Jugoslavia ("I confini dell'odio"), la guerra nell'Egeo ("Il fratello greco") oppure le foibe e l'esodo istrofiumano ("I testimoni muti"). Più in generale, vale per Zandel quanto scritto da Elvio Guagnini, professore emerito di letteratura all'Università di Trieste, in merito al romanzo L'uomo di Kos: "Zandel sa coniugare gli “slarghi” delle descrizioni e dell'analisi con il ritmo sempre sostenuto di un racconto ricco di momenti di sospensione e di colpi di scena. Usa con intelligenza i trucchi del genere (dei generi) ai quali fa riferimento. Usa con altrettanta intelligenza anche la seduzione del paesaggio e dell'ambiente, per tenere avvinto il lettore.E, accanto a tratti “di consumo” usati con intelligenza (ma sappiamo che non tutta la letteratura detta di consumo è necessariamente “di consumo”), sa intrecciare una storia d'azione a un romanzo di analisi. Non è poco." Un'analisi che vale un po' per tutti i suoi romanzi, in cui il gusto del mistero, della memoria e dell'avventura s'intrecciano incisivamente agli eventi della piccola e della grande storia.


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Dialetto fiumano: stimolarlo affinché non scompaia

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A colloquio con Maša Plešković e Tihana Kraš della Facoltà di lettere e filosofia di Fiume, sui risultati della loro ricerca sull’idioma

In linguistica, il termine dialetto indica, a seconda dell’uso, una varietà di una lingua o una lingua in contrapposizione a un’altra. In sociolinguistica, invece, il termine è riferito a un idioma che ha status di subordinazione di utilizzo rispetto a una lingua di dominio, che ne limita significativamente i campi e i contesti d’utilizzo. Tuttavia, la maggiore accezione del termine dialetto resta quella di “varietà di una lingua”. All’interno di un territorio i cui dialetti appartengono alla stessa famiglia spesso è difficile dire dove un dialetto cessi e dove ne cominci un altro, poiché le particolarità dialettali si sovrappongono. Si ricorre perciò di solito alla scelta di un certo numero di peculiarità, e si segnano poi i confini dove queste peculiarità nel loro insieme vengono a cessare. Secondo l’enciclopedia Treccani, anche in rapporto con la lingua nazionale non sempre è facile segnare i confini del dialetto, specie se questo ha molti punti di contatto con quella. Spesso, in questi casi, si determinano piuttosto situazioni di diglossia, nelle quali il dialetto si pone come varietà diastratica bassa di comunicazione all’interno di cerchie familiari o comunque omogenee, mentre la lingua nazionale è impiegata nella comunicazione con persone esterne al gruppo familiare o sociale d’appartenenza.

Il dialetto fiumano, nello specifico, è definito come un dialetto della lingua veneta parlato a Fiume, con particolari radici storiche. Oltre all’influsso dell’italiano e del croato, contiene ad esempio anche qualche elemento del tedesco, derivato dalla dominazione austroungarica. Presenta inoltre significative produzioni letterarie. Un idioma di antiche origini, che ancor sempre si parla nel capoluogo quarnerino, ma con molta meno frequenza di una volta. Un calo drastico dettato dall’infievolimento, nel corso della storia, della minoranza italiana in città, unica autoctona di queste terre. Qual è di conseguenza il suo futuro? A lungo andare, rischia di scomparire del tutto o c’è qualche speranza che esso venga tramandato alle future generazioni? Quali sono le ultime tendenze al riguardo?

AThEME, un progetto finanziato dall’UE

A questo e ad altri quesiti ha tentato di rispondere Maša Plešković, assistente presso la Facoltà di lettere e filosofia di Fiume, nel suo dottorato di ricerca sul dialetto fiumano, parzialmente finanziato dall’Istituto croato per la scienza nell’ambito del progetto europeo AThEME (acronimo di Advancing The European Multilingual Experience), nato con l’obiettivo di studiare il multilinguismo in Europa da diverse prospettive. Finanziato dall’Ue con 5 milioni di euro, ha coinvolto per cinque anni (dal 2014 al 2019), diciassette Università e organizzazioni di otto Paesi, tra cui anche la Croazia, e precisamente il suddetto istituto universitario. Una delle parti interessate è stata anche la Comunità degli Italiani di Fiume, che ha fornito un grande aiuto nelle ricerche sul dialetto. Ne abbiamo discusso con Maša Plešković e con la docente Tihana Kraš, anch’essa della Facoltà di lettere e filosofia di Fiume, che ha guidato il team di ricerca formato, oltre che dalle nostre due interlocutrici, anche dalla docente Branka Drljača Margić e dalla dottoressa Paola Medved.

Risultati parziali

Alla domanda su quali siano le conclusioni alle quali è giunta nel corso della sua ricerca sul dialetto fiumano, Maša Plešković ha risposto che in questo momento non può dirlo con certezza in quanto la ricerca non è stata ancora portata a termine e i dati rilevati finora indicano diverse tendenze. “Sto ancora studiando il fenomeno – ha esordito – per cui non vorrei ancora pronunciarmi del tutto. Per le necessità della mia ricerca mi sono servita di un questionario scritto e di interviste dal vivo, effettuati su un campione di 280 persone, di cui 30 interpellate a voce, di varie fasce d’età, a partire dagli adolescenti fino agli anziani, tutti appartenenti alla minoranza italiana di Fiume. Il più giovane intervistato aveva 14 anni e il più maturo 89, i più numerosi erano quelli di mezza età”.
“Abbiamo avuto un po’ di difficoltà nel reclutare i trentenni-quarantenni, ma è una cosa abbastanza consueta. Sono in un periodo della loro vita in cui, tra lavoro e figli, non hanno troppo tempo per altre cose”, ha spiegato Tihana Kraš.
Vari gli aspetti su cui le nostre interlocutrici hanno puntato nella loro ricerca. “Uno di questi – hanno spiegato assieme – era scoprire in quali contesti si usa oggi maggiormente il dialetto. È scaturito che esso sia frequente per lo più in ambito familiare o tra amici, ma anche sul posto di lavoro dove tutti conoscono quest’idioma e lo usano per esprimersi meglio. Lo si può sentire inoltre in seno alle istituzioni della Comunità Nazionale Italiana, dove lo si parla tra colleghi. È sparito però dai luoghi pubblici, nel senso che non avrete più modo di scambiarci quattro chiacchiere con la commessa o parrucchiera se non le conoscete personalmente, cosa che qualche decennio fa era del tutto normale”.
“Un altro aspetto che ci interessava – hanno proseguito – era l’uso del dialetto fiumano nei media, che sembra essere del tutto inesistente, almeno per quanto riguarda i media tradizionali. Nei giornali e in radio leggerete e ascolterete esclusivamente l’italiano”.

L’influenza dei matrimoni misti

Quanto, secondo le due ricercatrici, hanno influito al calo dell’uso del dialetto i matrimoni misti? “In certi casi decisamente – sostengono –. Diversi intervistati hanno ammesso di non parlarlo a casa o di conoscere qualcuno che non lo fa, e pertanto di non tramandarlo ai propri figli poiché sconosciuto al loro coniuge. Ci sono però tantissimi casi in cui la moglie o il marito che non sono di madrelingua italiana, hanno voluto imparare il dialetto. A Fiume ci sono diversi nuclei familiari misti che curano quest’idioma e ai quali si deve il suo mantenimento. Dalla ricerca è fuoriuscito pertanto che la motivazione strumentale è molto meno incisiva che quella integrativa. Nel momento in cui ad esempio sono in cerca di occupazione, s’appoggiano di più sulla loro conoscenza dell’italiano, anziché del dialetto, che è logico. Una cosa interessante nel leggere i questionari compilati e nel sentire le persone parlare, sono stati i motivi dell’uso del dialetto, tutti rivolti all’affezione verso questo idioma, all’attaccamento alle radici, a un grande desiderio di tramandarlo ai loro posteri”.
“Curiose sono state le risposte relative alle opinioni che i nostri intervistati hanno sull’idioma, il modo in cui lo percepiscono – hanno spiegato Plešković e Kraš –. Gran parte delle persone intervistate considera l’italiano una lingua molto più ricca, fine e moderna in rapporto al dialetto, ma quando si parla d’affetto non c’è paragone, quest’ultimo è per loro molto più bello. Gli sono affezionati. Tra i fruitori c’è una forte volontà di mantenerlo e tramandarlo alle generazioni future, nonostante l’uso in calo, che è percepibile soprattutto negli asili in lingua italiana, dove vengono iscritti sempre meno bambini conoscitori del dialetto”.
A quali altre scoperte ha portato lo studio? “Ci ha sorprese tantissimo l’influenza dei nuovi media sull’uso di quest’idioma. Abbiamo capito che le nuove tecnologie offrono grandi potenzialità nella tutela e nella conservazione dei dialetti in generale poiché risultano essere un ottimo incentivo per le generazioni di oggi, che hanno modo di usarli attivamente in forma scritta, corrispondendo ad esempio per sms o tramite reti sociali con i loro amici. Ciò è molto importante per i dialetti, in questo caso per quello fiumano, che non ha una ricca tradizione letteraria e che non viene usato abitualmente nello scritto. Le nuove piattaforme digitali risultano essere allora un vero e proprio stimolo nella promozione dello scritto dialettale”.

Come incentivare l’uso del dialetto?

Che cosa bisognerebbe fare, secondo le nostre due interlocutrici, per incentivare l’uso del fiumano? “Oltre a insistere nel tramandarlo ai propri figli nei singoli nuclei domestici, un’ottima idea sarebbe renderlo più visibile e continuare a introdurlo come materia opzionale o come attività extracurricolare nelle scuole elementari e medie superiori, ma anche svolgere di tanto in tanto delle attività in dialetto con i bimbi anche negli asili – hanno affermato –. Da quello che abbiamo avuto modo di capire, però, la situazione non è così allarmante e a Fiume la gente di madrelingua lo parla ancora, anche se molto meno che in passato. Si percepisce la volontà di tramandarlo, ma si potrebbe fare di più”.
Spazi di manovra nel mantenimento di una lingua, qui concretamente del dialetto fiumano, ci sono sempre, ma se per un qualsiasi motivo si rinuncia a parlarlo, il rischio che esso scompaia nel tempo è più che reale. Bisogna confidare nel buonsenso delle nuove generazioni? Sempre, ma andrebbero stimolate. (di Ivana Precetti Božičević)

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